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My trip’s diary-Day 26

Io non sono mai stata una persona molto superstiziosa, anzi. Però oggi era venerdì 13. 

E la cosa si è fatta abbastanza sentire. 

Iniziamo la giornata con un nervoso indicibile, perché ieri sera mi è arrivata la batteria portatile in testa (tanto male, tanto) e poi è finita sul cellulare, grattandomi (SPERO SOLO, non ho il coraggio di guardare) la pellicola protettiva del cellulare che ho nuovo da neanche una settimana. Sono felicissima, mi han detto. 

Torniamo a Portland per farci una passeggiata, e mi sa che siamo tutte un po’ così perché non ci parliamo molto. Il lungomare è carino ma niente di trascendentale. Torniamo alla macchina è una ragazza mi fa gentilmente notare un piccolo problema.

Stiaaaaaamo calmi. Chiamo Fra e Kara, e insieme la guardiamo. La gomma forata. La guardiamo e non sappiamo se ridere o no. Senza dire niente, scarichiamo i mille bagagli che abbiamo in macchina, tiriamo fuori la ruota di scorta e iniziamo. Un signore ci presta un tubo di ferro per facilitarci il lavoro e ci guarda e sta con noi fino alla fine. Abbiamo le mani nere quando ricarichiamo tutto, ma ci siamo. Come al solito, chiamiamo tutti i gommisti del paese uno a uno per trovare il prezzo più basso, e poi si va. Riscarica tutto, e aspetta. Nella sfiga, ci va anche bene che il tizio è gentile e ci fa passare avanti ai suoi impegni.

Ci lasciamo Portland alle spalle e andiamo verso Cape Beidgewater, passando da Cape Nelson Conservation Reserve. Ci fermiamo ad ammirare la Petrified Forest (molto diversa e un po’ meno entusiasmante rispetto alla mia preferita in Arizona…) è l’ennesimo Blowhole. L atmosfera è assurda perché non c’è quasi nessuno, c’è un silenzio totale, questa terra rossa e decine di pale eoliche che si stagliano contro il cielo azzurro. Solo, troppe mosche. Di quelle stronze, giganti, che ti si appiccicano alle gambe e non si spostano se le scuoti e fanno anche male. Le odio. 

Pranziamo a Cape Bridgewater con vista mare, poi spesa veloce e ci fiondiamo verso l’interno, perché oggi vogliamo fare i Grampians e non c’è molto tempo. 

In macchina, dopo poco ci accorgiamo che la macchina si sta surriscaldando un po’ troppo velocemente. Non capiamo perché. Pare che si debba aprire l’aria calda al massimo per riportare la macchina alla sua temperatura. Quindi figuriamoci, tre cretine in macchina con 35 gradi fuori e 32 dentro… Avevo i piedi in fiamme, ma va tuuuuuutto bene!!! Potrebbe andare peggio, no??? 

Senza fermarci, passiamo Hamilton e altri piccoli paesini dell’interno, e poi (dopo avermi lasciato a perdermi a chiacchiere con la tipa del Visitor Centre, perché io amo parlare con le signore anziane), ci addentriamo nel mezzo del Grampians National Park, e raggiungiamo Halls Gap. Lì ci fermiamo a cercare di fare amicizia con un folto gruppo di canguri. Ma loro fanno i preziosi ed è ormai pomeriggio inoltrato, quindi si va. Purtroppo non abbiamo tempo di vedere gran parte di questo meraviglioso (e immenso) parco, ma la signora mi ha consigliato i punti salienti, e credo che mi abbia consigliato bene. Infatti, dopo poco raggiungiamo un lookout da cui, Oddio, lo so, lo dico sempre, ma cioè non c’è altro che io possa dire: la vista è uno spettacolo per occhi e anima. L’Australia è DAVVERO così immensa e si perde e questo cielo gigante e i colori così vividi e i contorni così delineati, non pensavo potesse esistere qualcosa del genere prima di venire qua. Non pensavo esistessero paesaggi più belli di quelli che si vedono nelle foto modificate da Photoshop. 

Ci spostiamo un altro po’ e camminiamo qualche chilometro per raggiungere i Balconies, un altro bellissimo lookout. Io e Kara scavalchiamo un sentiero chiuso al pubblico per raggiungere un punto fighissimo, sembra che siamo nella bocca di qualche animale, e sotto di me c’è il vuoto. Fa un po’ impressione ma ok.

Ultima tappa dei Grampians, le McKenzie Falls. Anche qui, vederle dall’alto rende il panorama davvero unico. Occhi non dimenticate nullaaaaa!!! 

Ormai inizia a piovere (e figurati) e si sta facendo buio. Noi e la nostra macchina estremamente surriscaldata raggiungiamo i pressi di Horsham e ci fermiamo a dormire nell’ennesima piazzola di sosta. Ragni e scarafaggi mentre cuciniamo si sprecano. Ma non mi lamento. Questo venerdì 13 è finito e alla fine siamo abbastanza sopravvissute!! 

































































My trip’s diary-Day 21

E si riparte! Dopo due giorni su un bel letto comodo e in una casa con tutte le comodità, ritrovarmi chiusa in macchina sul materasso di gommapiuma non è il massimo… Ma in fondo ormai questa è casa! Ancora per 10 giorni…
Stamattina siamo stati in casa per finire di riprenderci, preparare tutto e salutarci. Poi siamo partite per Brighton Beach, la spiaggia a sud-est di Melbourne, famosa per le sue “casette” colorate. Naturalmente era nuvoloso (…..), ma è un posto davvero carino, ci sono tutte queste casette in fila dai colori sgargianti che mettono tanta allegria!!
Dopo un paio d’ore di macchina abbiamo raggiunto Ballarat, la seconda città del Victoria per grandezza (leggi: un grande paese). Ballarat è meta turistica perché è stata diciamo la capitale del periodo della corsa all’oro nel 1800. Molti edifici hanno lo stile di quell’epoca e il risultato è davvero molto bello! Una cittadina ordinata, sonnacchiosa e con dei palazzi stupendi! Dopo un bel giro a piedi, abbiamo raggiunto il lago e il giardino botanico, che è un piccolo gioiellino. È tutto così curato e in ordine, e so perfettamente che questa è una cosa che mi mancherà molto quando tornerò in Italia!
Siamo piazzate vicino a un paesino chiamato Garibaldi (vicino a Napoleons….parliamone), nello spiazzo di una scuola minuscola attiva nel 1800 e che ora ha un’atmosfera un attimo sinistra…speriamo bene!!

Prima delle foto, un ringraziamento. Non so se Francesco leggerà mai qui, ma mi sento di ringraziare lui e Katrina comunque. Ci hanno accolto con un’ospitalità che è davvero davvero difficile trovare. Ci hanno viziato e coccolato, non facendoci mancare mai niente. Sono stati generosi, disponibili e soprattutto simpaticissimi! Io Fra l’ho visto una sola volta in vita mia, nel 2010, un sabato sera allo stage di animazione; non possiamo certo dire di conoscerci bene. Eppure lui è stato disponibilissimo come se fossimo grandi amici. Accade solo quando le persone hanno un grande cuore, sono aperte agli altri e disponibili a donare qualcosa di loro in modo del tutto disinteressato. E io sono sempre felice quando vedo cose del genere.
In questo momento sono tanto grata. A loro, all’Australia, a questa vita in vacanza che durerà poco ma è meravigliosa.

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My trip’s diary-Day 19

Solo una parola per questa giornata: caldo boia!
Vabbè sono due.
Ora, sembra che io stia sempre a lamentarmi eh, però vabbè a me poi alla fine va bene tutto e ci si adatta. Ho sudato come un animale ma fa niente! E questo magari non importava scriverlo.
Insomma, oggi grandi giri intorno al CBD. Kara ci ha raggiunto con tutti i suoi “grandi pesi da portare” (cit.), poi abbiamo iniziato le nostre infinite camminate: dal Yarra Park al centro e poi giù al di là del fiume, nei quartieri dì Southbank e Docklands. Il primo in particolare ci è piaciuto molto e abbiamo cercato di godercelo al meglio. Dopo il pranzo sul prato, Kara è andata all’acquario e noi siamo tornate verso il centro. Ci siamo separate e io sono andata ai Fitzroy Gardens a conoscere Serena!! Sono stata tanto contenta di aver conosciuto qualcuno tramite il mondo dei blog, che cosa figa! Ci siamo divertite a vestirci come damine (o forse più come sguattere) dell’ ‘800 al Cook’s Cottage poi, dopo un succo rigenerante, mi ha portata al National Gallery of Victoria, dove ci siamo divertite su quella specie di calcinsella tutto dorato e nel Bird’s Island. C’erano un sacco di cose interattive è interessanti!!
Dopo aver recuperato Fra e averla salutata, siamo tornate ai Gardens per fare un giro un po’ più approfondito, e abbiamo visto cose carine come il Tudor’s Village (in miniatura!) e il Fairies’ Tree. Prima del giardino mi sono anche messa a rotolare giù per una discesa tutta bella erbosa che proprio mi stava chiamando!!!
Tornate tutte e tre alla macchina (io un po’ delirante dalla stanchezza), troviamo una lettera sulla macchina con cui ci avvisano che se la trovano ancora lì in quel parcheggio ce la portano via….poco male! Considerando anche che ci abbiamo dormito due notti…tranqui!!
Compriamo del vino e raggiungiamo Il quartiere di Kensington e la casa di Francesco che ci ospiterà per due notti. Lui è un ragazzo che ho conosciuto una sera di 5 anni fa, e non ci siamo mai più rivisti, eppure è stato tanto gentile da ospitarci! Abbiamo passato una bellissima serata noi, lui e Katrina (la sua ragazza), mangiando pizza, bevendo vino, giocando a taboo e ridendo tantissimo!! Io e Fra eravamo in squadra insieme e li abbiamo sbaragliati! Giocare in inglese non è sempre facile, ma noi avevamo dalla nostra un po’ di esperienze accumulate in queste settimane e quindi non c’è stata storia! Anche se è bastata solo una grande sintonia per indovinare “Delta” quando lei ha detto semplicemente “Lancia”!!! Ahahah

Sono conteeeenta!!

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My trip’s diary-Day 18

Niente couchsurfer neanche per oggi e quindi… Già, risiamo qua!!
Bellissima giornata oggi, tanto sole e lunghissime camminate… Io, quindi, non posso far altro che essere contenta!!
Dopo aver attraversato il solito (come se fossi qui da settimane) campo di cricket con tutte le belle statue di giocatori storici (perché il cricket in Australia è una cosa seria! Anche se io sinceramente ho qualche dubbio sulla quantità di divertimento che apporta agli spettatori…e persino ai giocatori), abbiamo raggiunto i Botanical Gardens e abbiamo praticamente trascorso l’intera mattinata lì. Intendo io e Fra, perché Kara ha deciso di farsi i suoi giri (o forse noi abbiamo fatto in modo che… Non saprei). Forse è stato meglio così, un paio di giorni divise magari ci fanno bene!! I giardini sono immensi è bellissimi. Per quanto io abbia lasciato il cuore in quello di Sydney e su questo non si discute neanche, sono davvero belli. Tantissimi fiori colorati e laghetti e statue e cottage e il planetario e le rose e insomma tanto ormai si sa, io quando vedo verde non ci sono più per nessuno!! Una parte molto bella è anche il Shrine of Remembrance, ovvero un monumento gigante ai caduti, sulla falsariga dell’ANZAC Memorial in Hyde Park a Sydney (eh, si sa, i paragoni in questi giorni sono obbligatori), con il museo all’interno e ampi spazi verdi all’esterno. Io vabbè, dopo aver visto quello a Canberra tutti gli altri perdono un po’, però davvero bello anche questo! Vabbè dai a me piace tutto si sa!!
Abbiamo pranzato sedute sul prato bordo lago e poi, dopo qualche altro giretto, siamo uscite e siamo tornate verso il CBD per un giro un po’ più approfondito rispetto a quello di ieri (le mie mappe sono davvero fighe!). Rivediamo quindi le strade di ieri e ci inoltriamo in qualche quartiere nuovo, come Chinatown e soprattutto la parte con il Parlamento, molto bello, è St. Patrick’s Cathedral. Tornate in centro, passiamo circa un’oretta a Dymocks, perché quando si tratta di libri il tempo non esiste!! E poi, dopo qualche altro giro, torniamo alla nostra beneamata casa. Nel parcheggio.
Per ora Melbourne mi piace molto! Continuo a paragonarla alla “mia” Sydney e credo che lei vincerebbe comunque, anche se ci sono cose di Melbourne che mi affascinano, soprattutto il lungo fiume che a Sydney manca… Vabbè, diciamo che Sydney non si batte, ma a Melbourne ci vivrei! Può andare?

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My trip’s diary-Day 17

Una parola sola: Melbourneeee 🙂
In realtà, questa è stata la classica delle giornate cosiddette “alla cazzo”. Ci siamo svegliate stamattina e con tutta calma siamo partite da Bass…talmente con calma che siamo arrivate a Melbourne a mezzogiorno. Abbiamo scaricato (notare l’uso di certi verbi) Kara a casa del suo couchsurfer, e poi siamo andate a cercare un parcheggio vicino al centro, cosa che ha richiesto una quantità illimitata di tempo, ma che alla fine si è risolta con successo. In centro abbiamo anche notato un parcheggio che voleva 69 dollari per una sosta di tre ore ma, dopo un certo panico alla bocca dello stomaco, abbiamo parcheggiato la macchina nel mitico parcheggino dello stadio di rugby dei Richmond (nome ricorrente, va detto che è destino), a Yarra Park. Parcheggio mitico perché… Sì, ci dormiremo stanotte!
Siamo quindi partite alla volta della città e, dopo aver mangiato – finalmente – un bacon and egg roll – che però non ci ha soddisfatto per niente – abbiamo deciso di spendere quel pomeriggio che ci rimaneva per…perderci. Così ci siamo buttate nel CBD e abbiamo scoperto per caso le vie del centro, Federation Square (il cui ideatore dove spiegarmi un paio di cosine), una bellissima National Library, all’interno della quale le pupille degli occhi mi sono diventate due cuoricini rossi e dove mi è tornata la voglia di studiare per ore (cosa che assurdamente non ho mai avuto), poi St. Paul’s Cathedral, davvero molto bella, è il lungofiume con un bellissimo e nuovissimo parchetto chiamato Birrarung Marr. Alla fine, l’obiettivo di oggi era recuperare delle mappe, e io ne ho in quantità industriale! Infatti domani gente…si cammina!!
Abbiamo provato a contattare dei couchsurfer, ma avendolo fatto all’ultimo momento (perché chi doveva ospitarci ha avuto un impegno di lavoro all’ultimo) non abbiamo avuto molta fortuna e così… Si dorme in macchina in centro a Melbourne!! Speriamo solo di essere ancora viva domattina. Dopo aver trovato le chiavi che *non faccio nomi* aveva perso nei meandri delle coperte, siamo pronte e cariche a molla!! Vabbè, io…Fra un po’ meno ma fa niente!!

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My trip’s diary-Day 2

Direi che il nostro viaggino è proprio iniziato! In realtà è iniziato con una dormita abbastanza scomoda perché avevamo saggiamente parcheggiato in pendenza…una gioia! Però vabbe, dopo aver preparato tutto sotto la pioggia e dopo un brevissimo giro a Bundeena, ci siamo rimesse in macchina per continuare il nostro giro all’interno del Royal National Park. Abbiamo fatto una passeggiata da Wattamolla a Providential Point, poi abbiamo raggiunto Garie Beach e abbiamo camminato sul minuscolo sentiero bordo spiaggia che porta a Little Garie Beach. Da li siamo salite fino a Thelma Head: 500 miseri metri in salita in mezzo a fango ed erba alta, ma la vista ne valeva la pena!
Abbiamo ripreso la macchina e abbiamo continuato sulla Grand Pacific Drive, fermandoci in svariati punti per fare le foto e ammirare il panorama. Il tempo ha fatto abbastanza schifo, ma per fortuna il sole è uscito quando siamo arrivate a Wollongong, dove abbiamo camminato lungo il Blue Mile e abbiamo raggiunto il faro vecchio e quello nuovo. Qualche chiacchierata sul prato (taaaaaanti pratiiii) e poi abbiamo continuato verso sud. Abbiamo raggiunto un punto non precisato poco prima di Shellharbour, dove abbiamo piazzato macchina e tenda, e dove io e Kara abbiamo fatto work out sul prato lungomare e nella palestra a cielo aperto! Ho sempre sognato di farlo 🙂 Cena al buio sul prato e poi ciao, adesso siamo al caldo in macchina mentre fuori infuria la tempesta… Pioggia due giorni su due, avanti così!!

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Vi porto in giro

Per i pochi eletti che leggono il mio blog, oggi si va a fare un bel tour virtuale di qualche bel quartierino di Sydney. Di quartieri, in questa città, ce ne sono a decine. E decine. Non si finisce più, e sono tutti tanto carini! Alcuni si somigliano, alcuni sono ricchi e altri più trasandati, ma le casette a schiera in stile vittoriano non mancano mai, e a me quelle fanno impazzire!

Ma andiamo con ordine: qualche domenica fa mi sono avventurata in quartieri che non avevo mai frequentato molto: Darlinghurst, King’s Cross e Potts Point. Ho camminato ovviamente tantissimo, tante salite, ma a ogni angolo c’è una nuova sorpresa, perciò ne vale sempre la pena (soprattutto dopo aver tenuto il culo su una sedia per 40 ore durante la settimana).

Darlinghurst è pieno di quelle casette in stile vittoriano che mi piacciono tanto, ma anche di ristorantini e bistrò, alberi in fiore (Sydney, in questo periodo, è completamente avvolta da fiori lilla ovunque), e tutto è così tranquillo di domenica mattina!

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Anche grigio è bello!!

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Da Liverpool Street si gira a sinistra in Darlinghurst Road, la via principale del quartiere, piena di bei localini che la domenica mattina si animano. Faccio un giro nella chiesetta anglicana, e poi dal nulla mi ritrovo diretta a King’s Cross. Il quartiere si riconosce immediatamente per l’insegna della Coca:

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Questo quartiere è considerato il più festaiolo, trasgressivo e, almeno fino a qualche anno fa, pericoloso di Sydney. Io in realtà non ci sono mai stata di sera, se non si considera una birretta nel tardo pomeriggio. Quindi, beh, sarà anche tutte quelle cose, ma è difficile immaginarselo la domenica mattina, con la gente che fa jogging, quella che si fa il brunch ai tavolini sul marciapiede, musichetta da tutte le parti, vetrine strabordanti di torte giganti e il sole che splende. Beh, certo, mescolare tutto questo con le insegne dei casinò e dei night club ancora luccicanti, e con le ragazze che alle 11 del mattino tornano a casa in minigonna e tacchi alti…beh, è divertente!

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Giuro che non sono entrata…quasi mi pento.

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Alla fine di Macleay Street, un delizioso mercatino domenicale (ah, se l’odore di cibo potesse diffondersi dal blog…) e la El Alamein Fountain, costruita nel 1961 per commemorare i caduti nella battaglia omonima, in Egitto. A me sinceramente non dispiace!

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Da lì mi sono spostata verso Potts Point, un quartiere estremamente tranquillo e silenzioso; è davvero assurdo perché basta camminare mezz’ora dal centro e sembra davvero di essere in un’altra dimensione!

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Questo quartiere era la mia destinazione, perché avevo intenzione di visitare la Elizabeth Bay House. Non vi starò a fare la lezione di storia, però le case-museo sono i luoghi d’arte che mi piacciono di più: le ricostruzioni mi affascinano e mi faccio trasportare dall’immaginazione. Ovviamente, in Europa siamo abituati e ben altro, ma questa è presentata come la villa dall’arredamento più elegante in tutta l’Australia. L’interno, effettivamente, è molto carino (niente di che secondo l’occhio italiano/europeo), la facciata un po’ meno, perché il proprietario, il Colonial Secretary Alexander Macleay, era andato in bancarotta proprio durante la sua costruzione. Metto giusto due foto per non tediare nessuno 🙂

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La cosa che, però, mi è piaciuta di più di questo quartierino è il minuscolo e assolutamente per-fet-to The Arthur McElhone Reserve, un giardinetto superverde e dotato di vista proprio niente male.

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Torno sui miei passi e mi incammino lungo Victoria Street, una fila di casette stile ‘800 e alberi ovunque.

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Cammino cammino e mi ritrovo a Woolloomooloo, dove sono già stata un paio di volte, ma si sa, le foto non sono mai abbastanza!!

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Le meduse al porto…e tante!!

Ormai mi trovo in zone conosciute, mi addentro nei Royal Botanic Gardens e incontro Alice. Andiamo insieme a visitare la Government House. Visita a mio parere interessante e bel posto. Foto, purtroppo, vietate!!

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Per finire, un giro a The Rocks e al The Rocks Discovery Museum. E per oggi diciamo che in quanto a cultura e camminate è abbastanza! Al prossimo giro, spero 🙂

Sculpture by the Sea, ci piace!

Dal 23 ottobre fino a domani, 9 novembre, si è tenuta la Sculpture by the Sea, un evento che mi ero messa tra i preferiti già da qualche tempo perché proprio non volevo perdermelo. Ci sono andata domenica scorsa ed è stata una giornata davvero carina. Le sculture vabbe, alcune belle, altre simpatiche, altre non s’è capito, ma questo è un problema mio, che l’arte contemporanea a volte boh. Però se metti insieme le sculture, il sole splendido, i panorami mozzafiato, quel senso di pace e serenità che ormai ho imparato ad apprezzare da quando sono qui…beh, la giornata è riuscita per forza. E ancora mi sorprendo (ormai si sa) di quanto gli australiani siano avanti.

Questa mostra di arte contemporanea a cielo aperto è completamente gratuita e messa su da volontari e da qualche finanziamento da chissà dove. Si svolge sulla passeggiata costiera da Bondi Beach a Tamarama Beach e comprende più di 100 sculture. Gli artisti non vengono pagati, mettono in mostra le loro opere per semplice amore per l’arte, anche se è previsto un premio alla scultura più amata. L’evento è nato nel 1997 un po’ per caso, e al tempo durava solo un giorno perché non c’erano i soldi per la sicurezza e, quindi, per tenere le sculture di notte. Adesso dura 3 settimane e attrae migliaia, e migliaia, e migliaia di persone ogni giorno. Se durante la settimana la passeggiata è invasa da scolaresche, il weekend è ovviamente per giovani, adulti e famiglie.

Io e Claudia siamo andate appunto di domenica, e prevedevo il caos, però siamo andate sul presto e, nonostante il sentiero fosse bello pieno, è stato tutto sommato fattibile senza problemi.

La maggior parte delle sculture si concentrano a Marks Park, un “giardinetto-che-proprio-c’ha-un-panorama-da-nulla”…..ma anche, ovviamente, lungo il sentiero, e alcune anche a Tamarama. Ci sono anche delle sculture in un padiglione, tipo mini galleria. E, ovviamente, il banchetto che dà acqua gratis non manca mai!

Avrei voluto fotografare tutto, ma ovviamente sarebbe stato impossibile. La cosa che mi è piaciuta di più (oltre al fatto che nelle foto di quel giorno sembro magra ahahah) è stata la possibilità di “giocare” con le sculture, viverle un po’: toccarle, abbracciarle, fare facce buffe, sedermici sopra (quando possibile), insomma, sentirle un pochino mie. E credo che la cosa più bella di una mostra del genere sia proprio questa! Che noia quando ti dicono di “non toccare”, no? E comunque alcune erano fatte proprio per essere vissute in maniera interattiva.

Ecco una carrellata di opere che mi son piaciute di più in ordine sparso, con (eventuale) spiegazione annessa!

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Indicazioni very sweet!

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Questa con quei colori dietro fa un effetto unico!

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Ciao amica!!

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Una brutta cornice, insomma!!

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Tutti in piscina!

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Queste son davvero belline!!

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Un cubo di specchi che faceva degli effetti davvero belli!

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Questo era fatto proprio apposta per farci le foto dentro. Non proprio un’opera d’arte, ma divertente!

Ed infine, ecco le mie preferite (anche se mi piacciono tutte, altrimenti mica le avrei fotografate!):

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Sono la regina delle rincoglionite!!! Rispetto pliz

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4 salti in padella!! Ok, triste, lo so. In realtà la padella gigante in spiaggia è un monito per ricordare la protezione dai raggi solari, che qui in Australia non scherzano!

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Un cubo tipo bagno chimico, e invece quando entri dentro…migliaia di specchi! Divertente 🙂

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Quanto mi sono innamorata da 1 a 10????

Ovviamente il panorama è un’opera d’arte a sé, una cornice perfetta per un evento artistico. In realtà, una cornice perfetta per qualsiasi cosa! Noi abbiamo approfittato dei colori meravigliosi per farci qualche foto. Colori meravigliosi che, purtroppo, solo l’occhio umano sa captare, nessuna macchina fotografica (se non con i fotoritocchi…) sarebbe in grado di catturare! Ma meglio di niente!

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A Tamarama abbiamo pranzato, e poi abbiamo camminato fino a Bronte Beach, dove ci siamo stese sul prato a prendere il sole e dove mi sono bellamente addormentata!

Insomma, bella giornata, ci siamo divertite, e abbiamo fatto il pieno di sole e cose belle!

Settimana 14 (30)

Quante cose avrei da scrivere… cosa che probabilmente non farò mai… non si potrebbe trovare un modo per trasferire pensieri e immagini direttamente dal cervello al blog? Bah.

Questa settimana, come sta capitando da un po’ di tempo, è volata. Mi ritrovo dal sabato a quello successivo senza saper bene dove siano finiti tutti gli altri giorni. Forse è un bene, o forse no. La cosa che so di sicuro è che domani faccio 7 mesi qua, e comincio a essere un po’ nostalgica della mia casa, la mia famiglia, i miei amici, il cibo, le mie abitudini, la nostra cultura ecc ecc ecc. Per questo motivo mi sto riempiendo di liste: liste di tutto ciò che voglio mangiare quando torno, delle cose che più mi mancano e che voglio fare quando torno, dei posti che voglio visitare quando torno, e così via… tornerò a casa sommersa da liste! Sono la donna delle liste.

A lavoro a me va tutto come sempre, mi occupo dei miei progetti e di qualche cliente in più, costruendo rapporti sempre più simpatici con i miei colleghi. Due di loro, per motivi diversi, se ne andranno alla fine della prossima settimana, e mi dispiace molto. Però arriverà qualcuno di nuovo e sono già contenta al pensiero. Ormai sono a più di metà del mio percorso lì dentro, e l’ambiente e il lavoro in sé mi piacciono molto.

Al corso tutto bene, ho fatto la mia seconda lezione ed è andata davvero bene, meglio di come mi sarei mai aspettata. Ma siamo ancora all’inizio e non si canta vittoria proprio per niente! Anche perché poi nelle prossime settimane dovrò insegnare al livello post-intermedio e mi ci vedo già, a fare le figure di merda con quelli che l’inglese lo sanno… però per ora non mi preoccupo, seguo bene e senza problemi, e con i compagni mi trovo molto bene.

È stata una settimana tranquilla e le serate me le sono prese per studiare e aiutare persone importanti che ne avevano bisogno. Per cui, a parte lunedì sera, la mia ultima sera al Night Noodle Marke con Claudia per provare il Rice e il Ramen Burger, sono uscita solo oggi. Con un po’ di amici sono andata all’Italian Festa a Leichhardt: Norton Street invasa da bancarelle di gadget, giocattoli, sciarpe delle squadre italiane, promozioni, pubblicità di viaggio, oggetti di artigianato…ma soprattutto, vabbè ciao, cibo. E alcol. Mi sono prima ubriacata con 5 degustazioni tra prosecco, spumante e Sofi, e poi ho tappato lo stomaco con un bell’arancino e un cannolo. Non prima, però, di avere ammirato le decine e decine di Fiat d’epoca e di mille colori sparse sul prato del parco. Dopodichè mi sono sbraciolata sul prato a guardare le dimostrazioni di cucina. Una gran bella soddisfazione. Dopo siamo tornati in città, e alcuni di noi hanno proseguito fino ai Botanic Garden. Ci siamo sdraiati di nuovo su quel prato perfetto, con il laghetto dietro di noi, gli uccelli dal becco lungo che cercavano insetti lì vicino, l’Harbour Bridge, l’Opera House e la baia di fronte. È il mio posto preferito in assoluto, qui a Sydney. E la settimana non si poteva concludere meglio di così.

Nel corso della settimana ho anche avuto scazzi con una delle mie coinquiline, scenate napoletane e tragedie greche che da una di Hong Kong proprio non te l’aspetti. Il martedì sera l’enorme scenata, il mercoledì altre urla e pianti che mi han portato a provare quasi pena. Da questa storia, ho capito che possiamo provarci in tantissimi modi, ma quando due culture non riescono a trovare un punto d’incontro, non c’è tanto da fare.

Archiviamo questa storia e andiamo avanti con la decina dei 30!

Settimana 13 (29)

È tutto molto pesante. E anche molto bello.

Nessuna novità rilevante da raccontare (all’aria). Mi godo le cose così come vengono e comincio a preoccuparmi seriamente dei (tanti) soldi che mi mancano per fare il viaggio che vorrei fare. Ma continuo a cercare soluzioni, qualcosa salterà fuori.

A lavoro tutto ok, tutto nella norma. Lavoro lavoro lavoro, e mi piace. A volte, cazzeggio anche.

Il corso bene, ho già raccontato nel post precedente. La mia vita sociale rallenta e, per ora, mi va bene così. Un incontro di 20 minuti con due amiche prima che la tempesta ci sorprendesse il lunedì, un pranzo con la mia amica Carolina il giovedì, a tutto mercato asiatico il venerdì sera, mangiando come sfondate. Oggi, una fantastica giornata di sole e camminate. L’ho già detto che io questa città la adoro e la trovo bellissima, affascinante e unica? Presto farò un post (spero) sui bei posti che ho visitato oggi: chilometri di camminate tra Durlinghurst, King’s Cross, Potts Point, Woolloomooloo, Botanic Gardens, The Rocks…buttandoci dentro pure due musei e la visita al palazzo del Governo del NSW. Mica male, giornata molto produttiva. In parte da sola (meraviglia!) e in parte con Alice, nuova amica conosciuta proprio grazie a questo blog 🙂 Qualche voce da spuntare alla mia lista, che rimane ancora così lunga..

Stanchezza a tutto volume. Ma sono fiduciosa, per tutto.

Blue Mountains, parte 2 – tra trenini e panorami immensi


   Le Montagne Blu. Sembra un controsenso, eppure il blu c’è davvero, in lontananza, si perde nell’aria e sembra che le vallate diano sul mare, da quanto blu c’è.

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I milioni di alberi che si trovano ai nostri piedi, quando arriviamo, sono alberi di eucalipto, di vari tipi. Gli eucalipti sono carichi di olio, che si disperde nell’aria in minuscole goccioline le quali, a contatto con le particelle di polvere e il vapore acqueo, danno origine a questa foschia velata il cui colore si avvicina molto al blu.

Non so come sia potuto succedere che sia venuta così, ma questa foto, effettivamente, è molto blu:

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Dopo tutte quelle ore a letto uno spera di essersi ripreso completamente, e invece i miei polpacci sono sempre in fiamme, e sembrano fatti da tanti mattoncini Lego. Ma noi siamo pronte a camminare ancora! Non prima, ovviamente, di una bella colazione a base di pane, burro d’arachidi e marmellata, insieme a pancakes alle fragole cucinati da uno dell’ostello in una padella bella unta.

Iniziamo la giornata allo Scenic World. Si tratta di questo grande edificio da cui partono vari “mezzi” di trasporto, due “ovovie” e un trenino tutto rosso. All’interno del posto ci sono cafè e negozio di souvenir, e la possibilità di acquistare un biglietto per tutta la giornata, così da fare in su e giù quante volte vuoi. Esattamente come abbiamo fatto noi. Abbiamo provato la gialla Skyway (270 metri di altezza) e la blu Cableway, che porta i visitatori su e giù, fino alla Jamison Valley dove lo Scenic World ha creato pure la verde Walkway, un sentiero piacevole e tranquillo in mezzo agli alberi dalle mille forme. Tuttavia, l’attrazione vera rimane la rossa Railway, ovvero la ferrovia più pendente al mondo (52°).

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È lunga solo 310 metri, ma fa comunque il suo bell’effetto, addentrandosi nella foresta e sotto le rocce, lasciandoci per un po’ al buio più completo. Per noi si è trattato di 3 minuti piacevoli, ma gli australiani intorno a noi (non solo i bambini…) erano eccitati ed entusiasti come se fossero sulla montagne russe. Contenti loro!!

Dopo esserci divertite un paio d’ore da queste parti, ci addentriamo nella foresta per intraprendere il cammino consigliatoci dalla ragazza alla reception dell’ostello: il sentiero che porta al Ruined Castle, 3 grandi conformazioni rocciose poste praticamente dalla parte opposta a dove ci trovavamo, ma che promettevano visuali mozzafiato.

Partiamo, quindi, su questo sentiero che somigliava più a un percorso a ostacoli/arrampicata. Moriamo di caldo e le mie scarpe da $20 di Kmart scivolano un po’, ma poi il sentiero si fa più tranquillo. E bellissimo. In mezzo a una distesa di felci di un verde così brillante che sembra quasi finto.

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Sentieri molto tranquilli

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Dopo parecchio arriviamo a destinazione e, stravolte (IO stravolta, Elisa fresca come una rosa), ci appollaiamo sulla terza roccia e ci riposiamo, gustandoci il nostro pranzo a base di verdurine crude, frutta e cioccolata, e parlando di un sacco di cose. Il posto (OVVIAMENTE) è tranquillissimo, c’è una pace assoluta, un silenzio ristoratore, solo le nostre risate e qualche strano uccello che fa versi strani.

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Finiamo di mangiare e ci arrampichiamo ancora un po’. E siamo sul tetto del mondo. Solo il Solitary Mount, a qualche centinaio di metri da noi, è un po’ più alto. Il resto della valle e dei monti sono sotto di noi. Mi metto in piedi al centro del metro quadrato di roccia, con le vertigini faccio un giro su me stessa a 360 gradi, e quello che vedo intorno a me è sempre e solo quello: immensità. Non c’è altro, eppure c’è tutto.

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Torniamo sui nostri passi e, a metà percorso, risaliamo sulla Golden Steps (livello: hard, of course) per tornare a Katoomba. Saliamo, saliamo, saliamo, poi camminiamo, camminiamo, camminiamo, quella salita che non finisce mai, un signore gentile che ci indica la strada, il silenzio e la stanchezza che però fa bene, anche se ormai ti fa camminare per inerzia.

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Arriviamo a Katoomba che è quasi buio, e c’è solo una scelta obbigata, a questo punto. La pizza. Ci prendiamo una pizza a testa e ce la divoriamo, così, come se fosse l’ennesima carotina. Saliamo in treno e, tra tavolette di cioccolato, chiacchiere e stanchezza, il nostro weekend è finito.

Sono stata bene, ho goduto di questa natura meravigliosa, ho messo in moto il mio corpo, ho respirato aria buona. E blu.

E poi, contenta della compagnia. Perché sono sempre più convinta che le persone che sono davvero sulla tua stessa lunghezza d’onda le riconosci subito. Ed è bello quando le trovi, anche un po’ per caso. Per cui io ringrazio questa bellissima persona che ho incontrato e con la quale spero possa nascere una bella amicizia.

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Ciao Montagne Blu. A presto, magari!

Blue Mountains, parte 1 – Tra leggende e sfacchinate

                        Un weekend alle Blue Mountains, almeno per me, significa solo una cosa: camminare finché le gambe non ti reggono più. Soprattutto, se camminare ti piace. Se ti piace anche la montagna. E se sei in buona compagnia.

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È stato un weekend stancante, da tornare a casa esausti e coi polpacci ancora in fiamme, ma sono stata molto contenta e soddisfatta. Perciò, eccomi qui a raccontare di queste molto-belle Montagne Blu.

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Io e la mia nuova amica Elisa ci troviamo alla stazione alle 7 del mattino. Nessuna delle due ha dormito molto la notte precedente, ma passiamo le due ore di treno a chiacchierare piacevolmente. Arriviamo infine a Katoomba, la cittadina principale della zona. Lasciamo le nostre cose all’ostello (Flying Fox, un nome che è tutto un programma, ma alla fine si è rivelato molto carino), ci facciamo dare 8563 mappe, e poi si parte.

Katoomba sembra essere rimasta a qualche decennio fa. La via principale (Katoomba Street, perché siamo tutti molto fantasiosi) è un susseguirsi di piccoli cafè coi tavolini sul marciapiede, panetterie con i pani e le pizze allineati nella vetrinetta, negozi di antiquariato e oggetti vintage. Mano a mano che ci si allontana dalla zona più “commerciale”, i negozi lasciano il posto alle casette che sembrano finte, giardini uno attaccato all’altro, pieni di cose strane, come statue a forma di asino, fenicotteri rosa in plastica e cani veri che però sembrano finti.

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In circa 20 minuti a piedi raggiungiamo Echo Point, il punto probabilmente più turistico della zona. Qui, infatti, una grande terrazza panoramica si affaccia sulla valle. Che è immensa. Milioni di alberi, un mare verde sotto di noi, e le montagne tutto intorno.

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Ora, noi siamo abituati a cime ben più alte, a spettacoli possenti, a ghiacciai ad alta quota, vallate immense e dal verde brillante, magari qualche centinaio di pecore che pascolano allegre. Sarò sincera, i paesaggi montani che abbiamo dalle nostre parti sono ineguagliabili.

Quello che rende diverso il paesaggio delle Blue Mountains, più che altro, sono gli spazi. Una cosa che effettivamente ti puoi aspettare da un Paese come l’Australia, grande come l’Europa e abitato da 23 milioni di persone. Ti metti al centro della terrazza di Echo Point e di fronte a te c’è il tutto e il niente. E ti senti davvero, ma davvero minuscolo, e quasi perdi l’equilibro.

Meno possente, molto molto immenso.

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Da Echo Point ammiriamo anche le Three Sisters, ovvero le conformazioni rocciose che costituiscono la principale attrazione turistica. Fanno sicuramente un bell’effetto sullo sfondo delle montagne piatte, e a ogni ora, e da ogni angolazione, sembrano assumere contorni sempre un po’ diversi.

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Ovviamente, non ci si sta neanche a discutere, le Three Sisters sono frutto di una leggenda aborigena. A dir la verità, due.

Secondo la prima, esistevano queste tre sorelle, Meehni, Wimlah e Gunnedoo, che vivevano in questa valle, all’interno della tribù di Katoomba. Le tre sorelle erano innamorate di tre fratelli di un’altra tribù, ma la loro legge tribale vietava il matrimonio in questi casi. I fratelli, non proprio contentissimi, decisero allora di rapirle, e ciò causò una bella battaglia tribale. Allora, uno stregone della tribù di Katoomba decise di trasformare le sorelle in rocce per proteggerle dai pericoli della battaglia. Si era ripromesso di riportarle alla forma umana una volta ristabilitasi la pace, ma venne egli stesso ucciso. Essendo l’unico ad avere la facoltà di invertire l’incantesimo, le tre sorelle rimasero per sempre “allo stato roccioso”, in ricordo della battaglia e come monito per le generazioni future.

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Secondo una seconda leggenda, le tre sorelle (stessi nomi) erano le figlie dello stregone Tyawan. A quel tempo, in una grande cavità nella montagna abitava un Bunyip* di cui tutti avevano paura. Attraversare la cavità dove egli viveva era considerato pericolosissimo; per cui, ogni volta che Tyawan doveva farlo in cerca di cibo, lasciava le figlie alle porte della cavità, dietro a una roccia. Un bel giorno, nascosta insieme alla sorelle, Meehni venne spaventata da un millepiedi, prese un sasso e lo scagliò contro l’animaletto. Il sasso rotolò giù per il buco e ciò irritò alquanto il nostro Bunyip, che iniziò a avvicinarsi a loro. Per proteggerle, Tyawan usò il suo osso magico e le trasformò in rocce. Il mostro si incazzò ancora di più, com’è lecito, e allora iniziò a seguire lui. Messo alle strette, lo stregone trasformò se stesso in un uccello lira e volò via ma, facendo ciò, perse il suo osso magico. Tutta la famiglia era così al sicuro ma, quando il Bunyip alla fine scomparve dal circondario, il padre non riuscì più a trovare il suo osso, e rimasero tutti allo stato attuale. Infatti, le sorelle sono ancora lì a sperare che il padre trovi il suo osso e, se si tende l’orecchio alla vallata, non sarà difficile sentire Tyawan-l’uccello lira lamentarsi, alla ricerca del suo magico osso.

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E insomma, leggende a parte, la vallata fa un certo effetto. Ma noi siamo pronte alla nostra sfacchinata, e così ci incamminiamo per la prince Henry Cliff Walk, il sentiero principale della valle. I punti panoramici, le scalinate scoscese, le scarpate da brividi e i giapponesini che si fanno foto non mancano.

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Scendiamo la Giant Starway, che è davvero giant e super ripida.

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Ai suoi piedi, un sentiero pulito e uno che sembra quasi abbandonato. Prendiamo il secondo, e ci divertiamo a scavalcare tronchi di alberi caduti e rami che sembrano serpenti.

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Raggiungiamo la Leura Forest, un luogo incantato, con dei colori davvero vividi e particolari.

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E continuiamo su, su, su, camminiamo e saliamo scalini, tantissimi, i miei polmoni da asmatica-leggera si lamentano un po’, ma noi saliamo e saliamo, fino a raggiungere, finalmente, le Leura Falls.

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Ci riposiamo 5 minuti, consultando assorte le cartine, tutte in disaccordo tra loro e con la realtà, e poi si riparte; torniamo sui nostri passi, e a ogni prospettiva gli alberi, le cascate, la terra, il cielo hanno colori e forme diverse. Mi godo questa immersione nella natura, questo rispetto tutto australiano per ciò che la terra ci da, per non spostare un tronco sul sentiero; al limite, ci intagliamo una specie di scalino, così è più facile da scavalcare. Di ritorno alla Leura Forest, ci fermiamo per il pranzo e lì Elisa mi regala la rivelazione dell’anno: i fagiolini crudi.

Ripartiamo, sbagliando il sentiero (credendo di averlo sbagliato, poi convincendoci di no, poi rendendoci conto che effettivamente…sì), ma riusciamo a trovare la via per lo Scenic World. Avevamo acquistato il biglietto per questo piccolo parco, ma siamo ormai a pomeriggio inoltrato, per cui decidiamo di dare un’occhiata e tornare il giorno successivo.

Eh sì, però c’è da tornare in cima, a Katoomba. E, come la mattina abbiamo sceso la Giant Starway, la sera ci ritroviamo a salire i mille e più gradini della Furber Steps (livello: hard. Sì, me ne sono accorta). Ma almeno i bei panorami non mancano.

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Arriviamo in cima che Elisa sembra essersi appena alzata dal letto ma fa finta di essere stanca per essermi solidale, mentre io vedo un quadrato d’erba e mi ci sdraio in maniera scomposta, chiedendo ai miei polpacci di fare uno sforzo e non cedere.

E alla fine, succede una cosa da non credere, o forse sì. Torniamo all’ostello, mangiamo due cose, facciamo due chiacchiere, e andiamo a letto.

Sono le 19.40.

Ci alzeremo dal letto la mattina dopo alle 08.15.

…..Preferisco non commentare!!

A presto per la seconda puntata!

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*Un Bunyip, come ho appena appreso da internet (grazie), è un mostro dall’aspetto animale (un miscuglio di vari animali) facente parte della mitologia aborigena e, quindi, della tradizione australiana.

Settimana 9 (25)

Questa settimana la riassumerei con due parole: lavoro, cazzeggio.

Ho iniziato il full time, e si vede. 40 ore (anzi, questa settimana 36..ma c’è un motivo) belle toste, super piene di cose da fare, impegni che si accavallano, grattacapi e tante soddisfazioni. La mia autostima, grazie a questo lavoro, potrebbe anche passare da 1 a 2, il che è un gran traguardo! Vabbè, facciamo da 1 a 1.5, per non esagerare.

Le cose da fare e i progetti da seguire sono tanti. La boss mi sta dando parecchie responsabilità, e la cosa mi rende molto contenta. Cerco di fare le cose in modo chiaro, di esprimermi in inglese nel modo più corretto possibile, di non lasciare indietro niente, di aiutare chi me lo chiede, di essere precisa ma veloce. A volte ci riesco, altre volte un po’ meno, ma alla fine ricevo sempre i miei bei complimenti e va bene così. Alla fine so che è soltanto un lavoro temporaneo, ma che mi servirà comunque per imparare tantissime cose e affinare le conoscenze che già avevo. Il mio inglese scritto sta migliorando alla grande, quello parlato va un po’ più a rilento (perché io sono la regina degli impaperamenti, da sempre, pure in italiano), ma comunque è una gioia mettermi lì a presentare un progetto ai rappresentanti di alcune scuole, come se fossi una super espertona. Alla fine sono credibile, quindi va bene così ahahah.

Per il resto, la mia vita scorre piuttosto normalmente, senza nessun picco di socialità, e questo si sa. Mercoledì è tornata la nostra coinquilina Diana, per cui abbiamo fatto una serata pizza-sul-divano e ci siamo aggiornate su tutto, è stato bello. Ieri, invece, ho passato un bel pomeriggio in giro per Sydney, prima in compagnia e poi da sola, e queste passeggiate assolate e senza meta mi piacciono davvero tanto.

Ho camminato 3 ore in giro, soprattutto in mezzo al verde. Ci sono passeggiate che non mi stancherei mai di fare, come quella intorno a Circular Quay, la più classica. Poi da lì si entra nel Botanic Garden, che è proprio un mondo a parte. Divento estasiata e guardo ogni piccolo dettaglio sorridendo. I colori sono talmente vividi e le forme talmente delineate e perfette che mi sembra di avere la supervista. Ho girato il parco molto più approfonditamente di quanto non abbia mai fatto, e ho scoperto angolini del tutto nuovi: la piccola foresta di palme, sentieri circondati da mille fiori di mille colori, i piccoli giardini dedicati solo alle felci o solo ai cactus, piccole casette in mezzo al verde che ospitano esibizioni di quadri allegri e colorati, cottage nascosti dove i camerieri preparano i tavoli per la prossima cerimonia, scalette di pietra che portano a prati verdi e immensi, un matrimonio festoso e scintillante, e una bambina vestita come una bambola che corre sull’erba. Sono da sola, ora, e questo mi dà la possibilità di pensare a tantissime cose, ma sono tutte belle, perché il contrario sarebbe impossibile, in questi luoghi. E io non vedo l’ora di prendermi un’intera giornata da dedicare a questo parco, girarlo tutto, prendere ogni singolo sentiero, fare centinaia di foto che vorrebbero sembrare artistiche, e poi, stanca, sdraiarmi su uno di quei prati sotto al sole cocente e leggermi un libro in santa, santissima pace.

E lo farò da sola, perché so che per cose del genere non esiste una migliore compagnia di se stessi. Magari esiste, ma so che chi vorrei vicino a me in giornate come quelle, purtroppo, ora come ora, non è in questa città. Né in questo stato o continente.

Ieri sera, poi, sono uscita con gente sconosciuta, eravamo in 7 e siamo andati a Darling Harbour a fare una bevuta al Margaritaville e poi a questo fantomatico UV Party. Alias: una discoteca piena di gente in maglietta bianca che diventa fluorescente, tinte fosforescenti e pistole che sparano pittura colorata. Io, pur non amando particolarmente le discoteche (e ormai si sa), son voluta andare perché mi sembrava una serata diversa dal solito (anche nel prezzo…) ma, alla fine, sono rimasta un po’ delusa. Mi aspettavo una cosa alla video di “I gotta feeling”, invece niente di particolarmente entusiasmante. I più colorati comunque eravamo noi, che avevamo portato da casa tinte e pennarelli fosforescenti. Dalla discoteca, due sparate di pittura in un’ora (che mi hanno lasciato simpatiche macchie ovunque) e niente più. Bah, poi mi ritrovo sempre ad aver ragione a essere asociale… 🙂 ma almeno ho conosciuto gente simpatica.

La vera novità di questa settimana, comunque, è….no, non la scrivo finché non ho la conferma al 100%!! (In realtà dovrebbe essere tutto confermato, ma finché non accettano il pagamento…non si sa mai).

La prossima settimana sarà la 26esima…Meet me halfway!

Whitsundays, parte 2

Le Whitsunday Islands devono il loro nome all’esploratore James Cook (ben noto a chiunque si interessi minimamente alla storia dell’Australia) che, nel 1770, nel corso del suo giretto intorno a Australia e Nuova Zelanda, scoprì questo meraviglioso arcipelago (e la sua nave si incagliò nella Great Barrier Reef). In realtà, egli non attribuì questo nome alle isole, ma piuttosto allo stretto sul quale navigò, che venne chiamato, appunto Whitsunday’s Passage. Il nome viene semplicemente dal giorno in cui Cook arrivo da quelle parti, ovvero la domenica di Pentecoste (Whitsunday, appunto). Solo più avanti il nome del passaggio venne esteso a tutto l’arcipelago. In origine, Cook e i suoi le avevano chiamate Cumberland Isles, e avevano dato un nome a una sola isola, quella che ancora oggi è conosciuta come Pentecost Island.

 


 

Il sabato ci aspetta la nostra seconda escursione, questa volta con la compagnia Cruise Whitsundays, sicuramente la più grande della zona, e che si occupa di decine di escursioni diverse, nonché degli accompagnamenti all’aeroporto e così via.

La partenza è alle 07.30, sempre da Abel Marina Point, e questa volta ci spostiamo con un traghetto vero e proprio. Sarà anche al chiuso, senza vento e acqua in faccia, ma si balla che è una meraviglia…

Dopo 3 lunghissime ore di viaggio, arriviamo al Reef World.

Dovete sapere che questi geniacci hanno costruito una super piattaforma direttamente sulla Barriera Corallina. In mezzo al niente. Infatti non so neanche di preciso dove siamo, perché intorno a noi, a 360 gradi, c’è solo acqua.

Fantastico.

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La piattaforma

Su questa piattaforma, su due livelli, ci sono un bar, un negozio di souvenir, gli spogliatoi, la terrazza per prendere il sole, tavoli sedie e sdraio e, ovviamente, tutto l’occorrente necessario per snorkeling e immersioni.

Appena arrivati, infatti, la maggior parte di noi (saremmo stati circa 80 persone) ci infiliamo la muta e scompariamo sotto l’acqua cristallina.

Snorkeling, snorkeling e ancora snorkeling, immersa in questa meraviglia che, esattamente come per il giorno prima, non c’è proprio modo di descrivere né a immagini né, tantomeno, a parole.

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La differenza rispetto al giorno prima è data dalla quantità immane di pesci che ci sono qua. Pesci di tutti i tipi, minuscoli o più grandicelli. Pesci che ti circondano a centinaia quando ti ritrovi proprio nel punto dove un tipo dello staff ha lanciato un po’ di mangime in acqua. E poi c’è lui, la star della zona, il Giant Grouper, il più pesce osseo più grande che si possa trovare da queste parti, e un po’ la mascotte del Queensland. Io vorrei aggiungere che questo pesce è davvero simpatico, sembra che abbia due labbroni superfarciti di botulino e mette proprio simpatia.

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L’amico Giant Grouper

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E vogliamo parlare della Grande Barriera Corallina? Durante questa vacanza ho scoperto cose ineteressanti a proposito. Ad esempio, e questo si sapeva già, che si tratta della barriera di corallo più estesa al mondo e della più grande struttura composta da un unico organismo vivente. Quel che ignoravo, invece, è che è composta da più di 2900 barriere più piccole e 900 isole, e che si estende per circa 2600 chilometri. Queste cose me le son segnate tutte perché, come mi accade sempre per i grandi numeri, mi hanno colpito. 2600 chilometri, gente, è più o meno come andare da Milano a Palermo e tornare…mica male.

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Ho cercato di stare in acqua il più possibile, ammirando ogni singolo corallo, salutando i sub a qualche metro sotto di me, sorridendo ai pesciolini che mi sfilavano intorno senza peso. Il problema è che poi mi è inesorabilmente venuta fame 🙂 così sono uscita, abbiamo pranzato sulla piattaforma, e il resto del pomeriggio (giusto un paio d’ore) l’abbiamo passato in altri due posti che la piattaforma metteva a disposizione: l’osservatorio subacqueo, posto proprio sotto la piattaforma, dal quale è stato possibile ammirare ancora tutte quelle centinaia di pesci diversi, e il sottomarino, che parte a cadenza regolare ogni mezz’ora e fa un breve tour lungo la Barriera, permettendo a chi non vuole entrare in acqua di avere un incontro comunque piuttosto ravvicinato con i coralli, separati solo da un vetro. Ed è da qui che, tra un corallo e una vongola gigante, abbiamo visto una bellissima tartaruga marina che se la spassava 🙂

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La visuale dal sottomarino

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Torni dal sottomarino e…la bassa marea 🙂

Le 3 ore del ritorno sono trascorse un po’ meglio, ma comunque lente. La sera abbiamo mangiato (si fa per dire per quanto mi riguarda, perché non stavo molto bene) in un bel ristorantino sull’Esplanade.

 


 

 

E quindi arriva domenica, il nostro ultimo giorno. Ce la siamo presa con calma e abbiamo deciso di camminare il più possibile, viste le ore passate seduti su barche e traghetti nei giorni scorsi.

Perciò, dopo la solita colazione che adesso, se ci penso, mi manca molto, ci siamo fatti tutta Airlie Beach a piedi lungo la costa, così abbiamo avuto modo di vederla meglio (visto che l’avevamo visitata più che altro di sera), e io ribadisco, sena problemi, che questa cittadina è meravigliosa. Troppo.

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Abbiamo continuato a camminare verso sud-est, allontanandoci un po’ dal mare e giungendo fino a Jubilee Pocket, una cittadina minuscola e deserta, manco a dirlo. Questa bella camminata sotto al sole ci ha rigenerato ma anche stancato; prendiamo il bus e giungiamo a Shute Harbour dove, però, rimaniamo pochissimo. Mi aspettavo un paesino, invece ci ritroviamo in un parcheggio, pieno delle macchine di tutti quelli che sono partiti dall’attracco lì vicino, con barche, yatch, canoe e chi più ne ha più ne metta. Però, ai piedi del parcheggio, è possibile prendere queste scale di legno e ritrovarsi al Lions Lookout, dal quale, effettivamente, la vista non è niente male.

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Riprendiamo l’autobus e, questa volta, arriviamo fino al Whitsundays Shopping Centre, perché i miei erano curiosi di farsi un giro in un centro commerciale australiano (la mia mania per i supermercati allora doveva pur venire da qualche parte…). In realtà, stiamo lì poco, e poi ci rimettiamo a camminare, sul sentiero costiero che parte da Cannonvale (dove, più o meno, ci trovavamo) e giunge fino ad Airlie Beach: il Bicentennial Walk. 

Questi luoghi mi sono rimasti nel cuore per la loro pace e la loro bellezza. E infatti, strano a dirsi, questa è stata una delle passeggiate costiere più belle che abbia mai percorso.

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Arriviamo ad Abel Point Marina che sono già le 3 passate, perciò pranziamo con delle buonissime tapas in un ristorante spagnolo, per poi ripartire e fare l’ultimo pezzettino che ci separa da Airlie Beach. Facciamo l’ultimo giro del paese e poi, dopo la sosta in hotel per doccia e co, andiamo a mangiare al ristorante Sorrento (dove avevamo provato ad andare per tipo 3 sere di fila, senza molto successo).

 


 

Il lunedì, tra ultima colazione immensa e valigie, la mattinata passa che è una meraviglia, e abbiamo solo giusto un po’ di tempo per goderci le sdraio a bordo piscina/mare, sotto un sole caldo e un venticello piacevole. Il ritrovo per salire sul traghetto che ci porterà all’aeroporto è a mezzogiorno. All’aeroporto non ci chiedono nemmeno il passaporto. Teneri gli australiani. E così, non appena l’aereo si alza (ai soliti 20 cm dall’acqua) salutiamo questo posto meraviglioso.

Sono davvero felice di aver fatto questa vacanza, e ringrazio tanto i miei genitori per avermi dato la possibilità di vedere e respirare tutta questa inimitabile Bellezza.

 

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Settimana 5 (21)

Il resoconto della settimana 21 sarà breve, solo per i primi due giorni. Infatti vorrei fare un post a parte per le Whitsundays, dove siamo stati da mercoledì a lunedì. Se ci penso mi vengono gli occhi a cuoricino!

Comunque, lunedì e martedì, prima di partire, abbiamo girato ancora un po’ per Sydney. Lunedì, in realtà, è stato un attimo difficile, perché pioggia, vento e freddo rendevano impossibile stare fuori. Così, dopo un altro squisito brunch a Manly, abbiamo praticamente fatto il giro di tutti i centri commerciali della città…poco male.

A Market City, a un certo punto ci siamo seduti su una panchina e un signore si è seduto accanto a babbo. Quando ha sentito che siamo italiani, si è messo a parlare con noi, rivelando essere di Firenze. Parlando parlando, si scopre che era a Sydney in visita alla figlia. Figlia che sta cercando un qualche corso di studio. Allora gli ho lasciato il mio biglietto di visita. E babbo si è vantato tutto il giorno di avermi procurato una cliente…la sera siamo andati a mangiare a Vapiano, e poi a casa.

Martedì, solita colazione super a Manly. La cameriera è italiana, ci mettiamo a parlare e si scopre che potrebbe aver bisogno di un corso. Altro biglietto da visita, altre vanterie di babbo, che sarebbe capace di attaccare bottone pure col palo della luce 🙂
Ci spostiamo a Sydney e la pioggia ci da un po’ di tregua, così camminiamo e camminiamo, tra Circular Quay, Botanic Garden, Domain, e pure il National Museum of NSW. Arriviamo ad Hyde Park e visitiamo la St. Mary’s Cathedral, che mi fa sempre emozionare. Ma il tempo è meschino, la pioggia non ci lascia, così accogliamo volentieri la richiesta di padre e figlia (di ieri) di berci un caffè insieme. Così conosco Mara e scopriamo di avere un’amica (e che amica) in comune!! Cose belle e strane della vita.

Passiamo con loro un bel po’ di tempo con molto piacere, poi girovaghiamo un altro po’ e ci fermiamo a mangiare in un posto che non ci soddisfa. Ma può capitare!

E niente, il post su quel posto meraviglioso che sono le Whitsundays arriverà, prima o poi 🙂

 

Settimana 4 (20)

Ritornata alla vita normale, che poi tanto normale non lo è, ma di sicuro più di quello che è stata negli ultimi 10 giorni.

Ritorno indietro nel tempo, a due settimane fa, e me ne sembra passata un’infinità, di tempo, se ci penso.

La mia quarta settimana lavorativa è scorsa senza particolari problemi, con qualche nuovo “caso”, qualche preoccupazione, qualche momento in cui mi sento fuori posto (da brava persona sicura di sé), ma nel complesso non ci si lamenta di certo.

Il mercoledì, dopo il lavoro, ho raggiunto Agnese a Coogee, per l’ultimo saluto. Davvero, mi sembra sia passato tantissimo tempo, è assurdo. Abbiamo passato qualche ora lì a bordo spiaggia, sotto il sole e il vento, con i nostri giri al supermercato, il nostro chai latte, il Tim Tam Slam (e mi si è aperto un mondo), le nostre ultime, indimenticabili passeggiate, e poi l’abbraccio di “addio”, alla fermata dell’autobus e vicine a un cestino puzzolente.

E da lì mi sono ritrovata per così dire sola, ma per fortuna non per molto tempo.

Il venerdì ho lavorato a tempo pieno, 8 interminabili ma quasi piacevoli ore. Ferragosto, manco a parlarne. In compenso, musica reggae dalla scrivania a fianco e tanta rilassatezza.

Il weekend è stato particolarmente bello, ovviamente, perché sabato mattina sono arrivati i miei. Peccato che, insieme a loro, è arrivata anche la pioggia, che da queste parti non si faceva vedere da tipo più di un mese. Approfitto dell’occasione per scusarmi con tutti i Sydneysiders: la pioggia l’han portata i miei, oh, che ci si pole fare. Scusate.

Arrivati presto presto, abbiamo fatto una bella colazione a QVB e poi ci siamo mossi con molta calma verso Manly, dove babbo aveva preso un appartamento fan-ta-sti-co per 4 giorni (e dove ovviamente ho dormito pure io). Ci siamo fatti un giro, pranzo in un ristorante troppo carino, e poi siamo tornati in città, dove abbiamo girato per il mercato di The Rocks. Abbiamo girato in lungo e in largo per la città, ma la pioggia non ci dava scampo e, soprattutto, i miei andavano in giro poco, molto poco più vivi di due zombie, giustamente. Così abbiamo cenato a Darling Harbour, chiacchierato con i nostri vicini di tavolo greci, ammirato i fuochi d’artificio, e poi siamo andati a dormire, e anche alla grande.

Domenica, fortunatamente, è stata una giornata assolata. Dopo la sveglia tardi, ci siamo concessi un buonissimo brunch e poi abbiamo passato qualche ora lì a Manly, tra le vie del centro, il lungomare e la passeggiata fino a Shelly Beach e ai punti panoramici lì vicino. A metà pomeriggio abbiamo preso l’autobus in direzione Dee Why, dove ho mostrato loro (con una non trascurabile quantità di orgoglio, boh) la spiaggia e tutti i “miei” posti. Poi siamo andati un’oretta e qualcosa a casa, alla “mia” vecchia casa, dove i bambini mi hanno accolto con grandi baci e grandi abbracci e un pic nic speciale per me sul tappeto in camera di Issy. Non posso dimenticarmi di quanto sono meravigliosi questi bambini. E anche CJ e Scott sono stati adorabili, ci hanno offerto un fantastico aperitivo e abbiamo chiacchierato e riso senza alcun problema (beh, l’inglese maccheronico del mi babbo farebbe effettivamente ridere chiunque). Sono stata contenta di averli rivisti, di stare 5 minuti nella mia vecchia stanza, a saltellare sul letto coi bambini, e stare con tutti loro senza dovermi sentire nel posto sbagliato. Vorrei rivedere i bambini tanto presto!

Abbiamo completato la giornata con una bella cena allo Steyne e un bell’hamburger di barramundi per me.

Una settimana semplice e bella. Bello, soprattutto, abbracciare i miei genitori, ricevere tutti i vestiti e i giornali e i loro piccoli regalini, fare tante chiacchiere e, semplicemente, passare il tempo insieme. E quanti cenni di assenso col capo, ogni volta che entrambi constatavano che, in effetti, si vive bene in Australia.

Settimana 3 (19)

Bisogna ammettere che le settimane volano. Mi sembra ieri che mi son trasferita, invece sono già passate tre settimane. Eppure, guardandolo da una prospettiva diversa, mi sembra che il tempo passi lento e che non è possibile che siano solo 4 mesi e mezzo che sono qua.

Forse dovrei smettere di guardare al tempo che passa, a come passa, e godermelo e basta.

E soprattutto smetterla con questi luoghi comuni del piffero!

La settimana è stata tranquilla e molto abitudinaria, secondo la routine che ormai ho preso e che mi piace molto. Sono andata in palestra ogni giorno, era da parecchio, parecchio tempo che non passavo 5 giorni di fila a sudare…e ho anche battuto il mio personale record sull’ellittico, mica cazzi.

A lavoro sono iniziate le prime minuscole tachicardie, con il primo cliente che ovviamente aveva una situazione un po’ complicata, perché io, ricordiamolo, sono la regina del Principato degli Sfigati. Però ne siamo usciti indenni. Sto continuando ad imparare nuove cose e a proporne tante altre, e spero che vada sempre meglio.

Dopo la palestra, la piscina e l’idromassaggio ogni giorno (insomma, se ci sono, vanno sfruttati no?), il resto della serata lo passo in tranquillità, a chiacchierare con le coinquiline e imbottirmi di glossari e Breaking Bad.

Lo so, ho una vita sociale da far invidia a Paris Hilton.

Mercoledì sera io e Agnese siamo andate al Capitol Theatre a vedere il musical The Lion King. Ora, dire che aspettare questo momento dal dicembre 2009 può sembrare esagerato, ma è così. Avevo visto le locandine di questo musical per la prima volta a New York, in quella data, ma quella volta, così come quella successiva, non c’era stato modo di vederlo. Per me era rimasto un po’ un sassolino nella scarpa, e poi ho visto i manifesti a Sydney, e poi, dopo più di 4 mesi, finalmente ero seduta di fronte a quel palco. Piccole soddisfazioni, insomma! E il musical non mi ha lasciato delusa, anzi: divertente, emozionante, meraviglioso. Belle scenografie, belle musiche, belle interpretazioni. Bello tutto, ecchevvelodicoaffà.

Il weekend è stato, guarda caso, all’insegna delle camminate. Sarà che, tolte quelle due ore giornaliere tra palestra e piscina, il resto della settimana è abbastanza sedentario. Ma nel weekend mi do proprio da fare… e va bene così, a me piace parecchio camminare, in caso non ce ne fossimo accorti.

Ieri io e Agnese abbiamo fatto parecchi giri, soprattutto ai Botanic Gardens e al Domain, dove abbiamo fatto milioni di foto alle icone di Sydney da angolazioni non ancora scoperte. Abbiamo passeggiato nel verde, sul lungomare, godendoci il tempo perfetto. È praticamente impossibile non farsi coinvolgere dall’atmosfera rilassata che c’è da quelle parti, col sole che scalda i fiori colorati, l’Opera House che si riflette nell’acqua della baia, le famiglie che fanno i pic nic sull’erba e uomini e donne atletici che corrono leggeri sul viale. È una sensazione inspiegabile, e per fortuna non si trova solo a Sydney.

Dopo altri indefiniti giri e The Rocks e dintorni, siamo tornate a casa a cambiarci e poi siamo andate a cena, in un ristorante che sì, è italiano. Siamo andate perché era da tempo che volevo, da fuori sembrava troppo carino. In più ci lavora una delle mie coinquiline. Quindi abbiamo provato, e incredibilmente non sono rimasta delusa. Ahah, ci farò un post presto. E racconterò di come mi sono venute le lacrime di fronte a una foto in bianco e nero del Duomo di Milano….

Dopo cena abbiamo camminato ancora, lasciando ad Agnese la possibilità di gustarsi le sue innumerevoli “ultime volte”.

Oggi, invece, abbiamo camminato fino a Paddington (poca strada…), abbiamo pranzato da Max Brenner (in una sola parola: orgasmico. Altro post presto in arrivo), e poi siamo andate a Bondi Beach dove, più tardi, ci hanno raggiunto Laurel e Maria. Abbiamo ri-camminato chilometri fino a Dover Heights e al Dudley Page Reserve, un piccolo prato verde che non ha niente di speciale, se non una vista mozzafiato. Altro post a breve pure su questo!!

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Funny faces…più o meno

Ed ora, al via la quarta settimana, prima delle mie superstrameritate ferie!!

Settimana 2 (18)

Eh già, le settimane cominciano già a seguire la stessa strada, e una nuova routine inizia a prendere forma. Ho anche tanti, tanti pensieri, e il mio umore oscilla, nonostante i momenti positivi superino di gran lunga quelli negativi, fortunatamente. Non voglio peccare di arroganza e supponenza, perché sono caratteristiche che proprio non mi appartengono. Ma vivere dall’altra parte del mondo, a migliaia di chilometri da tutto ciò che è sempre stato tuo, catapultato in una vita tutta nuova, senza la possibilità di prendere un aereo e respirare casa anche solo per un weekend. No, non lo può capire chi non lo prova. Non l’avrei mai, mai capito io stessa se non l’avessi fatto. È una delle più galvanizzanti e frustranti sensazioni che io conosca.

La settimana è passata devo dire abbastanza velocemente. Il modello da seguire è il solito: sveglia tardi, colazione con calma, lavoro, pranzo, palestra, piscina, relax. Ed è un modello che mi piace, mi permette di prendere i miei tempi e vivere un po’ come viene. Spero di stancarmi il più tardi possibile, magari mai.

L’unica eccezione a questo modello è stato il pranzo del mercoledì: sono andata con Diana e Cynthia (due delle mie coinquiline) a mangiare in un posto che si chiama Pancakes on the rocks. Pancakes. Non c’è molto altro da dire. Le mie coinquiline mi piacciono, si parla anche solo 15 minuti al giorno ma basta per condividere e avvicinarci, anche solo millimetro per millimetro.

Il weekend è iniziato venerdì pomeriggio: Agnese ha smesso di lavorare presto, così abbiamo fatto qualche giro, non mi ricordo neanche dove, e poi abbiamo passato tutta la nostra serata tra piscina e idromassaggio. Non male, come serata. Dopo un’incursione al supermercato, ho finito il venerdì con circa 4 puntate di Breaking Bad, perché sì, sono una persona che si ossessiona facilmente, quando trova qualcosa che le piace. È così che va.

Sabato sveglia con calma e di nuovo mille, mille giri con Agnese. Tutto si può dire, tranne che non camminiamo nel weekend. Siamo pure finite a Hyde Park e io mi sono inventata una fantastica storia sui famosi gatti del parco. Ma va bene. La sera abbiamo incontrato Seyma e Silvia e siamo andate a mangiare pancakes di nuovo poi, con Maria e Laurel, ci siamo incontrate all’Orient Hotel e abbiamo passato un’ora e poco più a fare karaoke. Si sa che sono le serate che piacciono a me. La gente era tutta un po’ alticcia e ballavano e cantavano tutti come forsennati. Io, Laurel e Maria abbiamo cantato Shania Twain, ed è inutile dire che la mia dose di risate me la sono fatta! La serata è continuata poi al Century e allo Star Bar, ma si sa anche che non sono proprio tipa da discoteca, quindi sì un po’ ok, ma poi alle 2 eravamo già a casa. M è il tragitto da The Rocks al centro che è stato meraviglioso. 2 km di risate, corse (scatti, più che altro), cadute, spaventi, batti 5, inglese a caso, giochi stupidi, prese di giro, slalom e urla strane. Spiegare quanto son stati divertenti e un po’ pazzi quei 2 km è impossibile. Spiegare, poi, come sia stato possibile tutto questo senza neanche aver bevuto un goccio d’alcol, beh non ci provo neanche!!

Domenica, cioè oggi, giornata tranquillissima. Qualche giro nel pomeriggio con Agnese e poi solo relax.

Mi sento un po’ lontana, da tutto e da tutti. Al di fuori dell’Australia, sento solo due persone con una costanza soddisfacente, e una di queste due è mia mamma. So che non posso pretendere che sia tutto come prima, non lo sarà più. Magari non lo è mai stato. Se mi metto a pensare, però, non riesco a essere razionale, entro in ansia, so che divento sempre più forte, so che lo yo-yo è sempre più spesso su, ma mi sento come se si stesse diffondendo terra arida intorno a me.

Forse alla fine è più giusto così.

Settimana 1 (17)

Questo post è particolarmente dedicato alla mia amica Mu che, quando ha saputo che non avrei scritto più ogni giorno, mi ha chiesto se avrei potuto farlo almeno un giorno sì e uno no…tenera 🙂

Visto che, come ho scritto ultimamente (e come poi si è rivelato tale), le mie giornate iniziano ad essere tutte molto uguali, scrivere che faccio ogni giorno mi sembra abbastanza noioso (come se prima già non lo fosse…ehm ehm), e quindi eccoci al nostro fantastico appuntamento della domenica sera! In cui sprigionerò la mia voglia, a fatica contenuta durante il resto della settimana (….) di raccontare i cavoli miei!!

Siamo tutti felici eh!?!?

E insomma, questa è stata una settimana abbastanza importante, essendo la prima nella nuova casa e del nuovo lavoro. Lì procede tutto bene, lavoro 4 ore al giorno (10am-2pm), e per ora sto studiando parecchio. Di botte di sonno ne capitano (non è che sia proprio più abituata a studiare…), ma in compenso adesso so tutto sullo Student Visa! Mica noccioline.

L’ambiente mi piace: i miei colleghi vanno e vengono quando vogliono, le pause sono libere, lavorano tutti serenamente e con tanta bella musica di sottofondo.. non vedo l’ora che la boss torni (è in maternità) per iniziare ad entrare davvero nel vivo!

Nonostante inizi a lavorare tardi, mi piace alzarmi abbastanza presto. Un paio di volte mi sono goduta la palestra e la piscina (e l’idromassaggio) di prima mattina, ed effettivamente è una cosa che ti rimette proprio al mondo. E in ogni caso, mi piace alzarmi con calma e fare colazione in tranquillità (e sto diventando una fan dell’oatmeal, che bontà!).

Le coinquiline è difficile parlarci spesso, abbiamo tutti orari diversi, chi viene chi va, ma è bello “incontrarsi” per colazione o fare due chiacchiere prima di dormire. O mangiare un pezzo di pizza portato dalla compagna di stanza spagnola proprio la sera del giorno in cui avrei fatto di tutto per averla. Che tempismo. Mi sono ambientata in questa casa all’istante, e ne sono molto contenta!

Questa settimana ho anche sperimentato qualcosa di nuovo. Come avevo scritto qua, avevo trovato un secondo lavoro, di cui però non ero ben sicura. Infatti, si tratta di un lavoro senza stipendio fisso, ma basato solo su commissioni. Sono contenta di aver fatto quel colloquio così amichevole, e di aver provato per 3 giorni, ma ho deciso che basta così, perché lavorare gratis è veramente una rottura. Per tre giorni, sono andata in giro con altre 2/3 persone, camminando per chilometri in giro per il centro, entrando in decine di palazzi, salendo decine di ascensori, bussando alla porta di decine di aziende. Dovevamo promuovere l’azienda che ci ha “assunto”, che si occupa di creare siti web, applicazioni per il telefono eccetera eccetera. Ovviamente, abbiamo ricevuto solo un paio di feedback positivi, perciò credo che 3 giorni bastino e avanzino! È stato comunque interessante, ho avuto modo di camminare un sacco e vedere vie nuove del centro, praticare un sacco l’inglese e conoscere nuove persone!

Per il resto, durante la settimana non mi è capitato niente di particolare. Poi va detto che sto perdendo le mie abilità sociali, perché mi è stato consigliato un nuovo programma per vedere film e telefilm, e insomma, ciao proprio.

Il weekend. Oh, il weekend.

Credo di aver camminato. Parecchio.

Ieri ho trascorso la giornata con Agnese (ormai siamo diventate un duetto): starbucks, camminata a Darling Harbour, giro del Chinese Garden of Friendship (tanto bello), pranzo con nachos e guacamole che sognavo da qualche giorno (insieme alla pizza), camminata fino a Newtown (per chi non lo sapesse, è TANTO), giretto per il quartiere, camminata per tornare in centro, cena, camminata fino a Circular Quay, camminata per tornare in centro, casa, film, letto. Mi piacciono un sacco queste camminate, si può parlare e ridere di un sacco di cose e vedo scorci della città sempre nuovi!

Stamattina invece mi sono sacrificata sull’altare del calcio, svegliandomi alle 8 per guardare Inter-Real Madrid. Poi sono uscita e ho trascorso una giornata a dir poco stupenda. Semplice. Serena. Stupenda. Ho incontrato Agnese e altre 5 amiche provenienti da (non si fanno i nomi ma le nazionalità ahahah) USA, Canada, Irlanda, Germania e Nuova Zelanda. La giornata era a dir poco perfetta, anzi parecchio caldo. Che grande inverno. Siamo state a The Rocks perché c’era l’Aroma Festival: tutti i prati e le vie del quartiere affollati di stand di caffè, altre bevande, biscotti artigianali, prodotti tipici, cibi da tutto il mondo. Insomma, chi mi conosce sa che per me è il paradiso. E quindi niente, questo bel sole, questo cielo di un azzurro unico, l’Opera House come sfondo (e continuo ancora a stupirmi di vivere a Sydney ogni volta che ci passo davanti), bancarelle di buon (buonissimo) cibo, tantissima gente, gruppetti che suonano dal vivo e musica a ogni angolo, un pranzo allegro (soprattutto quando faccio la pagliaccia, che mi riesce sempre bene), tanto bell’inglese, tante sane camminate, insomma non lo so cosa si può chiedere di più da una domenica pomeriggio!

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E così questa (bella) settimana è andata, avanti con la prossima!

E comunque PS: tanta malinconia ieri per il terzo anniversario del MIO giorno perfetto, e tante emozioni parecchio confuse oggi, quarto mesiversario del mio arrivo in questa scombussolante Australia!

Cibo e nostalgia

La pasta al salmone, quella di mia nonna, fenomenale, unica.
Il tortel di patate coi salumi e i formaggi, che devi slacciarti i jeans da quanti ne mangi.
La pasta alla carbonara, il pesto buono, le lasagne al pomodoro o al ragù.
La peverada, la polenta col gorgonzola a chili, i totani ripieni.
Le bracioline al pomodoro di nonna, il polpettone di mamma, i tagliolini al tartufo.
Le sfoglie calde alla crema, gli gnocchi, la pizza con la pasta ai 5 cereali.
Mi mancano anche quasi i tortelli in busta Giovanni Rana.

Praticamente oggi mi è venuta un attimo di nostalgia del cibo buono.

Eravamo sulle scale di Town Hall, io e Agnese, ci mangiavamo un frozen yogurt (buonissimo eh, per carità) e sognavamo tutte queste cose con gli occhi chiusi e l’acquolina in bocca.

Poi, di riflesso, siamo finite a comprare patatine al Woolies.

Ma andiamo con ordine.

Stamattina l’ho fatto. Mi son svegliata alle 05.30 di mattina per guardare Spagna-Olanda. E a seguire Cile-Australia. Non so se riuscirò a resistere fino alla fine dei mondiali…ma mi piace così, sto diventando una mezza fanatica del calcio negli ultimi anni e va così, purtroppo o per fortuna ognuno ha le sue passioni. E mi sta anche un attimo indigesta la gente che deve giudicare ciò, anche se in modo sottile. Mi rimane un po’ sullo stomaco la gente che crede che le proprie passioni siano sempre le più giuste, che gli altri siano tutti dei pecoroni, che io sono io e voi non siete un cazzo. Mi viene sempre da chiedermi cosa spingerà queste persone a giudicare così pubblicamente, io ne sarei un attimo imbarazzata. Ma chiudo il discorso che sarà il caso di costruire una diga a questo fiume in piena.

Dicevamo. La mattina l’ho passata così, a letto fino alle 11 a guardare partite. Ho acceso la tv in camera mia all’ottantesimo giorno che son qui, e va bene.

Dopo, sono salita a pranzare e poi, dopo aver dipinto le unghie di rosso e verde alternati (il bianco mi manca, che ci vuoi fa), ho raggiunto Agnese a Neutral Bay e abbiamo fatto una passeggiata lì in giro. Poi abbiamo camminato fino a Kirribilli e Milsons Point, i due quartieri subito al di qua dell’Harbour Bridge, da cui si ha una visuale della città, del ponte stesso e dell’Opera House magnifica. Soprattutto quando il cielo comincia a tingersi di rosa, poi si scurisce, e tutte le luci si accendono. E mi meraviglio ancora e ancora una volta di vivere a Sydney.

Abbiamo fatto un giro bello rilassato al Luna park, poi abbiamo attraversato il ponte stancamente, parlando di mille cose. Giunte in città, abbiamo camminato fino a Town Hall, dove è avvenuta la scenetta raccontata a inizio post.

Il problema non è tanto (o solo) il cibo. Perché sì, il cibo italiano mi manca, quello buono. Quello che davvero manca, però, sono le mani di chi quel cibo lo cucina, sono l’amore che ci viene messo, sono il sedersi a tavola insieme, i suoni, gli odori e le sensazioni più familiari. Sono il tuo posto a tavola, che nessuno si sogna di rubarti perché è il tuo da sempre, sono le solite chiacchiere che nascono intorno a un piatto di pasta, è l’ambiente che hai intorno. Ricreare tutto questo è, naturalmente, impossibile. E non lo vorrei neanche. Però ci sono dei momenti, come stasera sulle scale di Town Hall, che vorresti un’ora soltanto per sederti a tavola con la famiglia e i nonni, la domenica a pranzo, Giotto che chiede cibo e nonno che gli dà il pane di nascosto, nonna che fa gossip di paese, il vociare continuo, caldo, unico. Oppure, un’altra ora soltanto per apparecchiare mentre Wally prepara 3 etti e 60 di pasta per due, con chili di uovo e pancetta e parmigiano e poi ci mangiamo questa meravigliosa carbonara nelle ciotole da insalata perché è troppa per stare nelle scodelle normali.

Poi tornerei qui, sicuro, ma un’ora, una sola, me la prenderei volentieri.